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A proposito di social media

L’estate è la stagione delle belle foto, più o meno “ad effetto”, che ci ritraggono più felici (forse), più abbronzati e riposati (sicuro!) Ho letto critiche sotto il selfie di un noto intellettuale. I commentatori si mostravano stupiti per questa caduta di stile, a loro dire. Da qui una riflessione: quando postiamo foto nostre, lo facciamo esclusivamente perché i nostri contatti ci diano conferme di affetto, di apprezzamento, di vicinanza. Non c’è niente di “sbagliato”, credo, perché abbiamo tutti, indistintamente, desiderio di consenso, bisogno di approvazione.

Ci sono giornate e/o momenti che il sentire una parola buona, anche solo virtuale, rivolta a noi, proprio a noi, fa un gran bene. [Sul concetto di “felicità”: quando e perché abbiamo iniziato a pensare che la tristezza sia “da nascondere” per celebrare ogni anche minima soddisfazione come fosse la vittoria della nostra vita? Perché è così rara l’ammissione di un errore o di un fallimento vero? Eppure le parti “noiose” delle vite hanno fascino indiscusso.]

Per tornare alle foto: un’espressione “antica” definiva l’appagamento immediato, “balsamo” per l’anima. Si sa, è fugace. Ma cosa non lo è?

Quando capita perciò di cercarlo questo appagamento, attraverso una foto, consiglio, senza inutili e antipatichelle ritrosie, di ringraziare chi saluta, chi interagisce. È evidente che se pubblichiamo una foto è perché, in quel momento, ci piacciamo ritratti così. Sennò non la pubblicheremo.

Il problema è che, con il passare del tempo quando mi scatta quel desiderio lì, di approvazione, riempio il telefono di foto scartate.

Alzi la mano chi pubblica alla prima.

Ammettiamolo con leggerezza che lì in quella foto siamo proprio venuti bene, che in quel momento “fermato”, oggi, ora, mentre clicchiamo su “invio”, ci piacciamo assai. È molto più simpatico del classico “non ci vedi bene” o “me l’hanno scattata a tradimento”, che, più o meno, abbiamo usato tutti. La pubblicazione non è mai “un caso”.

Domani, magari, ci piaceremo un po’ meno ma va bene così. Significa che siamo già “oltre”, che siamo diversi da ieri, cresciuti e/o rinsaviti. O irrimediabilmente rincitrulliti.

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Ebook adventure

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Che avventura! Ho seguito un corso del Politecnico di Milano la cui finalità era la costruzione di un ebook.

Premessa: il mio ebook è solo una raccolta di articoli sulla scrittura che ho rintracciato in rete. L’ argomento è ” mio” , nelle mie corde, ma i contenuti? Insomma, come dire? , un lavoro più ” tecnico” che contenutistico.

Ma …..la fatica?
Forse la finalità ( almeno spero) era quella di farci conoscere nuove ” vie” per poi poter costruire qualcosa di significativo didatticamente parlando. Ok.

Veniamo al racconto dell’ Odissea ( credetemi, per le mie capacità era davvero un po’ soprannaturale):

instapaper: c’era anche il tutorial fra i materiali fruibili del corso. Bene: lo cerco e lo trovo. Capisco (?) che la sua funzione è quella di raccogliere articoli ed elementi sul web per permetterne la lettura in momenti diversi e inizia il disperato tentativo di inserire il pulsante ” read later” sulla toolbar.Sull’ ipad non si riesce proprio(IO non ci riesco proprio ) e il mio fisso ….lasciamo perdere.

Dopo innumerevoli tentativi mi arrendo. In fondo devo solo inserire qualche articolo; forse posso farlo manualmente. Trovato! Posso inserire l’URL manualmente : ahhhhhhhhhhhhh!!
Finalmente riesco a vedere i miei tre articoli lì pronti da leggere. Ora devo creare una cartella e saltellando da un tasto all’ altro ci riesco. Fatto. Procediamo.

calibre :  qui è facile, dai ce la posso fare. Download ….vai! Niente di niente,non si muove foglia( o barra! ). Corro sul forum del corso leggo, cerco, mi soffermo . Nada. Ma c’è sempre la ricerca sul web: e comincio a spulciare i forum tecnologici (ma quanti ce ne sono?) ponendo domande e ricevendo quasi mai risposte!” ‘Annamo bene “( alla Sordi maniera). Ho capito che è un problema di file dmg (non sapevo che esistessero) e che ci sarebbe una procedura complicatissima che potrebbe risolvere…no,no lasciamo perdere. Calibre non supporta iOS o viceversa, devo ancora capirlo. Depongo le armi , la guerra è finita. Ma…

epubeditor: casualmente  leggo sul forum del corso dell’esistenza di questi servizi on line, per ora gratuiti. Proviamo. È tutto abbastanza semplice. Si può salvare il lavoro in vari formati : epub2, epub3, scorm e pdf. Salvo nell’ unico formato che conosco. Il resto, boh? Sembrano nomi di malattie contagiose…

Riesco anche ad editare un pochino. Mi diverto a costruire la copertina con Instacollage.

scribd: per caricare l’ ebook sulla piattaforma bisogna, prima, pubblicarlo su scribd. La strada è in discesa: c’è una app gratuita. Ok . E come trasferisco l’ ebook lì dentro? Dopo averci ragionato un po’ su ( stavolta ho capito quasi subito…) accedo  a Scribd.com per ottenere un link e quindi per pubblicarlo.

Così si apre un ‘ altra disperata ricerca per caricare l’epub. Riesco a scaricarlo passando da Dropbox anche se prima di riuscirci ho tentato con tutte le app possibili. Perché Dropbox sì e le altre no? ….Non chiedetelo a me!

Alla fine, non so neanche descrivere bene come, vedo il mio epub pubblicato.

Lo salvo anche sulla mia libreria e ora è lì che mi guarda appena apro Scribd.

Confesso che non l’ ho caricato sulla piattaforma perché ….non ci riesco. Sfinita , lascio perdere.

Ho impiegato più di due settimane…

Non so se si può chiamare ebook ; io comunque ho riportato diligentemente le fonti…me lo ha insegnato Andreas.
Il lavoro è abbastanza dignitoso ( graficamente parlando). Ma , sottolineo, la FATICA?
Ormai era diventata una sfida con me stessa.
Ebook…o raccolta…o epub….o quel che ‘lè ….finito.
Consapevole che un ebook si può fare….non so se mai lo rifarò.

Eccolo qui

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Come scrivere bene, di Umberto Eco

Esilarante…

New Experience

scrivere bene

  1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
  2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
  3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
  4. Esprimiti siccome ti nutri.
  5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
  6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
  7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
  8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
  9. Non generalizzare mai.
  10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
  11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
  12. I paragoni sono come le frasi fatte.
  13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
  14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
  15. Sii sempre più o meno specifico.
  16. L’iperbole è la più straordinaria delle…

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Mi piace molto l’ idea….

Un video che mi ha fatto riflettere. Ogni giorno ci sentiamo ripetere le stesse frasi: non ci sono fondi, hanno tagliato, mancano i soldi .
Ovunque ciascuno di noi viva o lavori è sempre la solita solfa che, a dirla tutta, non fa che renderci sempre più avviliti e sfiduciati.
Nel video emerge una proposta interessante anche perché non richiede, mi è sembrato di capire, grandi investimenti economici.
Semplicemente , il gioco.
Ma un gioco attivo, pensato, che aiuti i bambini a sviluppare capacità logiche e sociali.

Mi piace….

 

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Imboscato….a chi?

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In giro per negozi con amici , mi capita di entrare in un negozio di quelli un po’ costosi, pieno di cose belle e stra-firmate. Chiaramente i prezzi confermano il target : una semplicissima canotta bianca costa duecento euro . Il titolare del negozio, spiritoso e “filone” al punto giusto, illustra il valore della sua merce non tralasciando neppure che il più noto architetto italiano fa incetta delle sue camicie e  delle sue maglie stratosferiche… Un bel “chissene” a questo punto ci stava; lui nota la mia espressione perplessa e fa la fatidica domanda:” …e lei? Che lavoro fa?”. Quando rispondo che faccio l’insegnante , sorride, benevolo e compassionevole,  e ribadisce: ” Ah, capisco…. fa parte della categoria “imboscati”..”. Gelo. In silenzio (accidenti a me, perché quando mi arrabbio mi mancano le parole???) esco dal negozio seguita dai miei amici.

Definizione di” imboscato” (da Sabatini- Coletti):

  • agg.
  • 1 Nascosto, rintanato nel bosco: temere l’attacco di uomini i.
  • 2 Di derrate alimentari, merci, sottratte alla consegna: farina i.
  • 3 estens. Che riesce a sottrarsi a lavori faticosi, impegnativi, di responsabilità: impiegato i. ai piani superiori

Penso proprio che il mio “amico” si riferisse al terzo significato dimostrando, con le sue parole, ciò che era già evidente nel suo aspetto e nel  modo di illustrare la sua merce.  Modo che si addiceva più ad una bancarella di mercato che non ad un negozio pretenzioso ..ma , ahimè!! Il “povero” non è probabilmente riuscito a scrollarsi di dosso quella manieristica tipica di alcuni vecchi commercianti che cercavano , anche con la menzogna, di  accappararsi il cliente, a tutti i costi.

Senza infierire troppo a lungo sul “deficiente” (seguirà definizione…)  mi fermo a riflettere.

L’ opinione pubblica, come è noto, non ci ha mai perdonato la famigerata” estate a casa” e la “mezza giornata” (quante volte mi sono sentita dire: ” Il tuo lavoro sì che è adatto ad una donna…all’ una-!!!!?????? -sei a casa a disposizione della tua famiglia …sigh!). Inutile spiegare che spesso non è tutto come appare, che il nostro lavoro è usurante e faticoso , che i bambini richiedono energia, che , certe mattine, non  riusciamo neppure a prendere un caffè o ad andare in bagno, che le nostre giornate sono ben più lunghe di quattro ore. Ci ho provato, ma non ho mai convinto nessuno. Prendo atto:  non faccio un lavoro troppo faticoso per la maggior parte di coloro che mi circondano.

Sull'”impegnativo” la percentuale si abbassa: l’impegno  di noi insegnanti è per lo più riconosciuto. Almeno fra quelli che mi sono vicini.

E arrivo alla responsabilità: no, questa al deficiente proprio non gliela passo…

Come si fa a sostenere  che chi forma, educa e si occupa dei giovani  non svolga un compito di responsabilità?

Noi maestri abbiamo forse la responsabilità più alta:  è incommensurabile i danni che si possono arrecare ad un bambino dai 6 ai 10 anni .

Non mi riferisco certo solo al sapere o al non sapere le tabelline, come forse crede il volpone.

Penso all’individuo nella sua interezza, alla stima di sé, alla costruzione di personalità ben strutturate, alla tolleranza, all’accettazione dei propri limiti….certo lui non sa che occorre controllare anche la propria mimica facciale di fronte ai bambini. Chi glielo spiega al “camiciaio”? Lui, poverino si occupa di oggetti inanimati… magari belli, ma inanimati.

Parlandone e riflettendone con gli amici, uno di loro, chiosa:” Tante belle parole, Francesca…ma a fine stagione lui se ne va dall’altra parte del mondo a godersela…e noi? “. Vero, verissimo. Ma dovrà sempre tornare a vendere camicie…e io non lo invidio.

Preferisco l’umanità .

Chiudo con la definizione di deficiente (dal Sabatini-Coletti) :

  • agg. Che presenta carenze, in assoluto o relativamente a qualche ambito (specificate con in) SIN insufficiente, manchevole: relazione in molti punti d.
  • s.m. e f.
  • 1 med. Persona dal livello intellettivo inferiore alla media
  • 2 spreg. Imbecille, cretino, stupido: sei un deficiente!

Decisamente numero2.

Quel giorno il povero camiciaio non immaginava neppure la spietata analisi che lo aspettava….MAI OFFENDERE UN INSEGNANTE…..

Mi piace ricordare una bella poesia di Danilo Dolci .C’è

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Mi piace ricordare una bella poesia di Danilo Dolci .

C’è chi  insegna

C’è chi  insegna guidando gli altri come  cavalli

passo per  passo:

forse c’è chi si sente  soddisfatto

così guidato.

C’è chi  insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo:

c’è pure chi si sente  soddisfatto

essendo  incoraggiato.
Profondamente stimavo  un amico

quasi invidiando un altro, a  cui diceva

stupido, e non a  me.
C’è pure chi educa, senza  nascondere

l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma  cercando

d’essere franco all’altro come  a sé,

sognando gli altri come ora non  sono:

ciascuno cresce solo se  sognato.

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Giugno: la resa dei conti

sfondo scuolaChi fa la nostra professione a giugno, ogni anno, si trova a fare il bilancio dell’anno scolastico vissuto.
Un anno intenso per me sia sul piano professionale sia su quello personale. Due figli, che, fra una “corsa” e l’altra, crescono troppo, troppo in fretta tanto da non darmi il tempo di accorgermi dei loro profondi cambiamenti; un padre anziano che inesorabilmente perde sempre più il contatto con questo mondo creandose uno, parallelo, tutto suo. E, ogni giorno, la scuola, i bambini. Novantanove(!!!) bambini. Insegno lingua italiana (solo a 15…) e inglese agli altri. C’è da farsi venire il giramento di testa a pensarci. “Meglio darsi da fare senza pensarci troppo”, mi sono detta fin dal primo giorno. Diciamo che il conseguimento del titolo per l’insegnamento della lingua inglese dopo un estenuante corso svolto durante l’anno scolastico passato non ha migliorato molto la mia situazione lavorativa….vabbè! Capita…ho risposto a chi me lo ha fatto notare. Eppure sono questi anni così intensi, notti in bianco a vegliare chi ha bisogno che ti “fanno crescere”.
E se c’è crescita c’è, necessariamente, cambiamento.
Quali cambiamenti ,allora.
Sarà obsoleto ammetterlo ma penso proprio di essere cresciuta umanamente e professionalmente.
Ho trascorso anni scolastici preoccupatissima del “programma”: riuscirò a finire tutto? I miei bambini sapranno indicativo,congiuntivo, condizionale,e magari, anche infinito, gerundio e participio?

Quest’anno no.

Mi sono concentrata su pochi, fondamentali obiettivi e ho prestato molta più attenzione ai processi di apprendimento e all’aspetto umano.
Essenzialmente i bambini in prima, dove insegno italiano, devono imparare a leggere, scrivere e, soprattutto, a venire volentieri a scuola.
Ho letto loro moltissime storie, le più disparate ,da Sponge Bob a Cipì.
Li ho invitati a parlare, a raccontare, a chiedere.
Ho cercato di trasmettere loro il piacere della bella scrittura, dei movimenti fluidi eseguiti nel silenzio. Li ho invitati a cogliere il valore del silenzio, che spesso, a scuola, si dimentica e ho potuto sperimentare quanto i bambini lo apprezzino tanto che ogni tanto qualcuno di loro :”Mae,scriviamo un po’ in silenzio, zitti zitti?”.

Ho imparato a togliere invece di aggiungere.

E penso, davvero, di aver vissuto meglio questo anno scolastico.
Paradossale no? Situazione incasinatissima a casa (compresa la 104 negata per l’assistenza del babbo), situazione indaffaratissima a scuola eppure ….c’è del “buono”.

E il Cmooc? Il Cmooc fa sicuramente parte del “buono”.
Penso sia fondamentale che i bambini scrivano, leggano nel migliore dei modi possibili ma sono consapevole che si debba anche dar loro gli strumenti , i ferri del mestiere (Andreas!)per fare cose con la tecnologia e soprattutto per aiutarli a “gestirla” meglio( ah, le riflessioni su fb…). Questo corso mi è servito a conoscere strumenti di cui non sospettavo neppure l’ esistenza:l’aggregatore, notepad, piratepad, i “CODICI”brrrrrr….., pearls e diigo. (A proposito dei feed mi ero chiesta spesso come si utilizzassero quelle “ondine” arancioni in fondo alle pagine web…ora lo so).

Ma soprattutto mi sono divertita!

L’ho ripetuto alla mia collega che, un po’sbigottita continua a chiedermi dove trovo l’energia per mettermi al pc la sera dopo giornate interminabili.
Certo di fronte a certi “vicini” di casa mi sono davvero sentita un po’ …come dire? Incapace. Ma è stato un mio “sentire”; loro, seppur “abbienti” (vivono in “ville inarrivabili”…ahimè!) signorilmente, non mi hanno fatto mai sentire fuori luogo. Anzi…incoraggiano, aiutano e soprattutto non mostrano mai quel senso di sufficienza che talvolta, fuori dal nostro villaggio, pervade le risposte degli”esperti”.
Mi sono divertita soprattutto con i blog.
Mi piace l’idea del blog. Amo gozzovigliare fra quelli dei miei colleghi, leggere le loro riflessioni, “salvare” i loro preziosi consigli sui vari programmi da utilizzare in classe. E intanto imparo, conosco, mi informo. Molto meglio di quei barbosi corsi di aggiornamento frequentati in passato.

Risultati più evidenti:
-non ho ancora l’i-pad ma mi sto organizzando…sognando un pc o una lim in classe;
-apro quotidianamente la mail;
-leggo interessanti articoli inerenti il mondo della scuola;
-ho contatti con colleghi che, come me, cercano, scavano, navigano e, soprattutto, condividono;
-ho maggiore consapevolezza nell’uso del pc.
Scusate se è poco.

Per concludere penso che la vita vera di ognuno di noi, quella “fuori” dalla scuola incida profondamente anche sulla vita professionale. Sarà perchè la nostra professione è “intrisa” di umanità e non è assolutamente nemmeno pensabile accantonare o anche solo marginalizzare l’aspetto umano di chi impara ma anche di chi insegna. Il bambino, nella sua totalità è sempre e comunque punto di partenza e punto di arrivo di ogni intervento educativo. Ma anche l’insegnante è parte attiva: con il bambino anche il maestro cresce, impara, cambia, evolve. L’incontro di più “vite”; la sintesi dell’interazione educativa.

E la tecnologia? Come entra in tutto ciò? Che tipo di aiuto puo’ dare ad un bambino? Io la vedo così: è come “allungargli” un po’ le ali o meglio aumentargli l’apertura alare per aiutarlo a provare a volare un po’ più in alto…anche divertendosi con la maestra, perchè no?

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Di Invalsi, crisi e Einstein

Rientrata da un consiglio di interclasse mi soffermo a fare alcune considerazioni. Scriverle è un po’ chiarirle a chi legge ma soprattutto a me stessa.
-Invalsi: in un sistema scolastico in cui non ci sono risorse per niente, e sottolineo niente, neppure la sostituzione di una fotocopiatrice, si spendono milioni di euro per “partorire” prove quantomeno inutili.Qual è la ragione d’essere del sistema scolastico? Molto tempo fa era il soggetto in fase evolutiva.Negli ultimi anni di tutto si parla, di tutto ci si occupa tranne che dei bambini (tralascio, per ora, la questione “bes”).I meno scettici sostengono che si dovrà pure trovare un modo di valutare un sistema.Anche questo è vero. Ma ogni sistema di valutazione tiene conto di variabili che esulano il mondo scolastico: vogliamo valutare con il solito metro tutti i bambini? Mi fa venire in mente una vignetta in cui si invita un elefante ad arrampicarsi su un albero. Non sarebbe più equo un esamino, colloquio….o come diavolo si voglia chiamare, in cui persone qualificate possano valutare bambini, magari dopo aver ascoltato una presentazione del bambino stesso da parte delle insegnanti che lo hanno seguito lungo i cinque anni della scuola primaria? Troppo semplicistico,forse..ma quanti soldi( sì, perchè in fondo si va sempre lì a parare…)si risparmierebbero? E con l’ avanzo, non si potrebbero finanziare progetti con ricadute più immediate sui bambini? Investire sulla tecnologia e l’innovazione didattica?….Magari si potrebbero mettere in sicurezza anche gli edifici scolastici, chissà! E invece no. Anche per la sicurezza si spendono soldi(sempre loro!) per organizzare corsi(!!!) prescindendo dal fatto che praticamente non esistono edifici “a norma di legge”.
-Scelte forti: urgono riflessioni serie e scelte che, secondo me fra breve, dovranno, per forza di cose, essere forti.
A iniziare dalle proprie piccole realtà: perchè non scegliere di destinare tutti i fondi d’istituto (o per lo meno la maggiorparte) a migliorare le nostre scuole? Perchè non farlo, ora, in momenti come questi? Manca la volontà? Il coraggio? Eppure sarebbe una gran lezione per i “signori” delle Invalsi! O no? Sono solo un po’ visionaria…lo so. Ma sognare è vivere. Da qualche parte bisognerebbe proprio iniziare a cambiare le cose. Forse saremo noi insegnanti a farlo. Chissà? Lo diceva anche Einstein!

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.” (Albert Einstein)

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Piccole conquiste crescono….

Forse , prima o poi, riusciremo ad avere una scuola così. Dobbiamo solo volerlo…

piazzatienanmen

Mi sono letta con attenzione l’ultimo articolo del prof, scaturito dagli inghippi che aveva trovato LuciaB nell’inserire un video nel suo blog in wordpress. Ho trovato chiara tutta la spiegazione fornita dal prof nel guidarci a comprendere cosa avesse generato l’intoppo, indicando la via d’uscita. Come ho già più volte ripetuto, per me è stata una vera e propria conquista riuscire a realizzare un mio blog, se si considera che fino a poco più di un mese fa, a malapena ne conoscevo il significato e di sicuro non immaginavo le opportunità, da un punto di vista educativo e, più complessivamente professionale, che offre. Anzi, la diffidenza non era poca…

Poi, l’incontro con il cMOOC ha rappresentato la svolta: ho cominciato con piglio convinto un’avventura che mi prende -anche se non ho sciolto tutte le riserve, ma ho capito che va bene così -perché condivisa con una molteplicità di persone coese…

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